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TODAY. Donne uccise da legali detentori di armi: perché chiedere dati certi è doveroso

25 Novembre 2019
 Commenti disabilitati su TODAY. Donne uccise da legali detentori di armi: perché chiedere dati certi è doveroso
25 Novembre 2019, Commenti disabilitati su TODAY. Donne uccise da legali detentori di armi: perché chiedere dati certi è doveroso

Donne uccise da legali detentori di armi: perché chiedere dati certi è doveroso

La violenza contro le donne registra numeri da emergenza vera. Beretta (Opal) a Today.it: “Purtroppo la Polizia non fornisce dati specifici sui femminicidi commessi da legali detentori di armi. Sarebbe un dato importantissimo per poter valutare la pertinenza delle norme”

Donne uccise da legali detentori di armi: perché chiedere dati certi è doveroso

Un tema che resta d’attualità, di strettissima attualità. La violenza contro le donne registra numeri da emergenza vera: in Italia un reato ogni 15 minuti. L’82% delle volte chi fa violenza su una donna non deve introdursi con violenza nell’abitazione, perché ha le chiavi di casa o gli si apre la porta: i dati nazionali sono stati presentati dalla Polizia nel rapporto “Questo non è amore 2019”.

Omicidi in famiglia: è emergenza armi in casa

Altri dati. Nel 2018 il 49,5% delle vittime degli omicidi volontari commessi in Italia è stato ucciso all’interno della sfera familiare o affettiva (163 su 329 vittime di omicidio totali) secondo un recente rapporto Eures: la percentuale più alta mai registrata in Italia. Di queste, il 67% è costituito da donne (109 vittime) . L’ambito familiare è di fatto il contesto omicidiario quasi esclusivo per le vittime femminili, visto che ben l’83,4% delle 130 donne uccise in Italia nel 2018 ha trovato la morte per mano di un familiare o di un partner/ex partner.

L’incidenza delle vittime uccise con armi da fuoco nel 2018 è molto superiore alla media dell’intero periodo 2000-2018 (1.139 vittime, pari al 32,2%), registrando un significativo aumento rispetto al 2017 (+97% rispetto alle 33 vittime dell’anno precedente). In almeno il 64,6% dei casi in cui le vittime sono state uccise con armi da fuoco, l’assassino risultava in possesso di un regolare porto d’armi (in diversi casi per motivi di lavoro), confermando quindi la necessità di controlli più accurati. Sono le armi da fuoco il principale strumento di morte nei casi di femminicidio.

Approfondendo il discorso c’è infatti un altro problema grosso. In Italia il Ministero dell’Interno non ha mai reso noto il numero di armi legalmente detenute in Italia (le stime variano dai 10 ai 12 milioni), e non rende pubblico nemmeno il numero complessivo di tutte le licenze rilasciate ed in vigore. Proprio quello delle licenze è un tema molto delicato: si è assistito a un’esplosione delle licenze per uso sportivo nel nostro Paese: erano poco più di 125mila nel 2002, sono cresciute fino a più di mezzo milione oggi. Secondo molti è solo un modo per poter detenere un’arma (o più armi) in casa anche da parte di tutti coloro che solo saltuariamente metteranno piede in un poligono.

Beretta (Opal): “Servono dati specifici sui femminicidi commessi da legali detentori di armi”

Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (OPAL) di Brescia, chiede che ci sia più trasparenza, più informazione: “Il rapporto della Polizia di Stato sui “Femminicidi in Italia” pubblicato in questi giorni – dice a Today.it –  conferma quanto diversi centri di ricerca indipendenti avevano già documentato: sono le armi da fuoco lo strumento più usato nei femminicidi. Il 38% dei casi nel 2018 (anche il 18% nei primi 8 mesi del 2019 è un dato rilevante). Purtroppo la Polizia di Stato non fornisce dati specifici sui femminicidi commessi da legali detentori di armi. Sarebbe un dato importantissimo per poter valutare la pertinenza delle norme che regolamentano le licenze per armi, la necessità di introdurre maggiori restrizioni e di intensificare i controlli sui legali detentori” aggiunge Beretta.

Dal database di OPAL si evince che nel 2018, in almeno una ventina di casi, i femminicidi sono stati commessi da legali detentori di armi. Quali sono gli eventuali ostacoli nel fornire dati certi sui reati commessi da legali detentori di armi? Ci sono problemi concreti nel reperire e organizzare le informazioni?

“Non ci dovrebbero essere problemi per il Ministero degli Interni a reperire dati sugli omicidi e sui femminicidi commessi da legali detentori di armi – dice a Today.it Giorgio Beretta – sono noti alla Direzione centrale della Polizia criminale del Ministero. Va detto che lo studio del fenomeno del femminicidio è tutto sommato recente e probabilmente finora è stata posta maggior attenzione ad altri elementi rispetto all’arma utilizzata. E’ un aspetto che, però, non andrebbe trascurato per due motivi. Innanzitutto perché l’arma, ed in particolare l’arma da fuoco, non è solo un mero strumento per eseguire un assassinio, ma lo condiziona sia nella fase di ideazione sia nella realizzazione: avere un’arma rappresenta, infatti, una forte tentazione ad usarla. Ma soprattutto perché, come riporta una recente indagine sugli omicidi commessi con armi legalmente detenute, nel periodo 2007-2017 in quasi la metà dei casi (il 45,6%) i comportamenti pregressi e lo stato di salute dell’autore avrebbero potuto far scattare un intervento di interdizione o almeno un ritiro cautelativo delle armi”.

Fonte

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